[] This is my blogchalk: Italy, Lombardia,
Milano, Bovisa, Italian, English, French, Zu, Male, 36-40, words,
music.
* Il blog è un apostrofo che rende pubblico un diario segreto,
per cui si passa dall'io che soffre all'io che s'offre. (Zu)
31.7.02
Ieri pomeriggio a Milano si è reso visibile un arcobaleno, basso e un tantino sfumato, ma bello. Il sole non ha smesso di splendere nemmeno mentre il cielo lasciava cadere le gocce, regalando uno degli spettacoli che preferisco: il bacio colorato tra cielo e terra.
Se considero che le altre cose che m'incantano da sempre sono il cielo stellato e la luna, il fluire dell'acqua in fiumi e torrenti, il variopinto navigare delle nuvole, le onde del mare che si accavallano nella risacca o si frangono esaltate in spruzzi sugli scogli, mi viene da pensare alla capacità che hanno i bambini di vedere la realtà in modo semplice, senza le sovrastrutture che ci impediscono di godercela perché siamo impegnati in qualche "menata" costruita apposta dalla nostra mente per complicarci la vita.
La memoria dona spessore all'esistenza passata... l'ho detto e lo ribadisco, però non sarebbe male ogni tanto adottare anche l'atteggiamento dei bambini, che si salvano perché "non hanno passato", come scriveva Paulo Coelho in Monte Cinque.
Guardare avanti vivendo il presente senza dimenticare: ecco il magico equilibrio da raggiungere, o quantomeno da rincorrere, se ricerchiamo un'intensità dinamica non superficiale.
A proposito di vacanze in Trentino, questa è la prima estate in cui a Castello non ritrovo la bianca chioma della mia nonnina (romagnola in trasferta permanente fin dalla mia nascita).
Molto tempo prima che morisse, di nonna Teresita conservavo accuratamente i bigliettini augurali con le poche parole vergate di suo pugno, immaginando che in un futuro sarebbero stati ricordi non solo preziosi, ma essenziali. Ora mi rendo conto che non sono quelli importanti, ma la sensazione che lei sia di nuovo "intera": come se adesso, al contrario di quanto accadeva negli ultimi anni, le potessi parlare ed essere inteso.
I bigliettini sono in qualche cassetto, ma non sento il bisogno di andarli a riguardare. Può essere rassicurante sapere di poterlo fare, ma occorre tenere presente che cosa sono in realtà: pezzi di materia cui tendiamo ad attribuire il valore aggiunto che è in noi e non negli oggetti.
Anche senza i feticci che ci aiutano a farlo rivivere in noi, dall'essenziale non ci si distacca.
Rieccomi a Milano. Rientrare qui è quasi sempre duro quando si proviene da luoghi di delizie paesaggistiche e climatiche, ma farò valere la capacità di cogliere la bellezza del vivere in ogni istante e di goderne in ogni dove (come insegnava Italo Calvino con le parole che chiudono Le città invisibili).
Ero a Castello di Fiemme, Trentino. Questa volta, tornare dove per anni e anni un'estate dopo l'altra mi mescolavo alla fanciullezza locale ha originato un mulinio di ricordi sensazioni e associazioni che fa a pezzi la cronologia, inghiottendomi in una vera e propria immersione spaziotemporale. Una miscela sinestetica tra abbandono consapevole all'atmosfera presente, al pieno apprezzamento della bellezza dei luoghi, e flash sensoriali che esplodono nell'essere come razzi sparati da un passato profondamente e dolcemente impresso nel sentire. Una miscela poliedrica che si riversa in tutte le immagini che immense riempiono lo sguardo, nei suoni impetuosi delle acque laggiù nel fondovalle e nella rarefazione serale di ogni passo calcato su quel porfido odoroso di stallatico.
Il qui ed ora che si fonde con le memorie, una sintesi preziosa che niente e nessuno ci potrà portare via (tranne il morbo di Alzheimer, s'intende).
Il cielo ha già fatto clic diverse volte stasera, cambiando magicamente colore proprio come notava il protagonista di un romanzo di Anne Tyler (A Patchwork Planet).
Guardo fino alle Alpi dalla mia finestra e le pulsazioni cromatiche accarezzano la pelle mentre la timida freschezza di una falce di luna ancora fanciulla addolcisce i suoni ovattati di una serata per me stranamente tranquilla dopo la babele policroma di sguardi e discorsi, abbracci e incontri di ieri sera.
Intrecci e scambi di uno spessore che si rinnova, di un'intensità che si ravviva ogni volta che ci ritroviamo noi traduttori, uniti da un'attività che non può essere solo lavoro, marchiati da una passione che non è solo divertimento.
La storia è quella di una mailing list professionale che si sdoppia e si moltiplica, di contatti telematici che s'infittiscono fino ad incarnarsi quando decidiamo di vederci di persona, quando il virtuale si fa tangibile svelando che dietro ogni messaggio c'è una faccia e dietro ogni parola due occhi che la trasmettono. E dalla moltiplicazione degli incontri vicini e lontani, scanditi o in contemporanea, cresce un'allegra brigata che nell'ubiquità si fa fulgido esempio di commistione, coabitazione di differenze negli atteggiamenti e nell'essere, nella comunicazione con l'altro e nella percezione del mondo.
Dei veri meticci culturali, della cui amicizia sono orgoglioso.
Oggi le incombenze hanno succhiato quasi ogni minuto... d'altronde, se ogni istante dovesse essere pregno d’espressione, lo scrivere supererebbe il vivere.
Vado a cena, in amena e nutrita compagnia: quelli di Langit (traduttori con la passione dei raduni, come si può vedere anche qui).
Le parole: giochi di parole, parole magiche, parole chiave, parole da mettere sulla carta, parole difficili, parole scritte.
Il sapore delle parole varia a seconda di come e quando le pronunciamo, le ascoltiamo, le leggiamo, le scriviamo, ce le ricordiamo.
E può essere quello del rimpianto, come nella canzone Baby Can I Hold You di Tracy Chapman: "Maybe if I told you the right words / At the right time / You'd be mine".
La parola: quella che si trasmette senza nemmeno bisogno di usare le parole.
Il sapore della parola si può sentire chiudendo gli occhi. E preferibilmente, baciando.
E può essere quello dell'istante che si fa eternità, dell'essenza ineffabile che alberga in noi pronta ad avvolgerci di coccole.
Sono fortunato.
La vita mi regala sempre molto, nelle cose importanti e nei piccoli accadimenti.
Come quando ieri è entrata una rondine dalla finestra: ci siamo incontrati in corridoio, mentre stavo per tornare alla tastiera. Lei se ne è stata a mezz'aria, indugiando per darmi il tempo di scansarmi e fare spazio alla sua timidezza. Dopodiché è volata in camera, arenandosi contro i vetri della finestra socchiusa. L'ho aiutata ad uscire prendendola delicatamente tra le mani, emozionandomi al serico contatto delle sue piume, contento di vederla involarsi tranquilla. Non sembrava proprio di essere a Milano.
Ricordo che allo stesso modo tempo e spazio si annullarono la volta in cui una farfalla mi si posò su un dito, restandoci per parecchi minuti. L'episodio si ripeté in altro luogo e occasione, con il mio palmo a darle ricetto (impossibile che fosse la stessa, ma le due si assomigliavano molto).
Se c'è un filo a legare questi piccoli eventi, è quello della disposizione d'animo, che risultava scevro da ogni velleità di possesso o controllo e semplicemente aperto al godimento di ciò che è. Magari ci riuscissi sempre!
Vivere il presente è l'unica cosa realmente possibile al di fuori delle false costruzioni puramente mentali ed è anche soddisfacente se fatto con consapevolezza.
Aiutiamoci a raggiungerla con l'arte di porsi gli interrogativi giusti. Per esempio, può rivelarsi interessante e fecondo questo:
"Che cosa farei se avessi una bacchetta magica?".
Tutti dovremmo cercare di rispondere a questa domanda. Non è banale: basta provarci per rendersi conto che le risposte non sono così ovvie. Non è inutile: se è vero che sulle stelle non si può andare, è innegabile che guardandole ci si eleva.
Anche i desideri impossibili servono: ci fanno capire che desideriamo qualcosa, e ciò che desideriamo. Ci danno una direzione, anche se non necessariamente una mèta.
Volatilità.
Per chi lavora al computer questo è un tema quotidiano, soprattutto per chi ha a che fare con il "PiccoloSoffice" veleno dell’informatica per tutti, quello che entra da pressoché tutte le "Finestre" telematiche.
Dal virtuale al vitale, dal timore di perdere dati al terrore di vedersi sfuggire ciò che è stato, il desiderio di “salvare” per non perdere memoria e ricordi è giusto e legittimo, ma il pericolo è restare ancorati al vissuto dimenticandosi di vivere. E in effetti, il bisogno di combattere la volatilità si rivela tanto più forte se si teme che il presente non sia all’altezza del passato: “Rien que le souvenir du bonheur n’empêche le bonheur”, citando a memoria da André Gide, L’immoraliste.
Il riscatto verso una nuova felicità può essere solo qui e ora e la parola chiave è il sentire, che al presente e solo al presente esiste.
Après la pluie vient le beau temps è un'incoraggiante espressione proverbiale che Les Négresses Vertes proposero in un loro brano e che ritroviamo anche in un bellissimo romanzo di Jean-Claude Izzo.
Sarà anche un po' ovvia, ma sta di fatto che ha trovato modo di realizzarsi perfino nella piovosissima valle dell'Elvo, dove ieri la giornata uggiosa e quasi novembrina si è magicamente mutata in un incanto di colori intensi e bellissimi, replicati nello splendore odierno.
È parso quasi un promemoria per la vita...
A proposito di sfasature, neanche il nostro pianeta ne è esente: e chissà in che misura influisce sulle nostre percezioni il rallentamento della rotazione terrestre.
Il guaio è che non vedo il cartello "reggersi agli appositi sostegni" e non so ancora come prepararmi al momento in cui la Terra si fermerà, prima di invertire il senso in cui gira...
Una mia amica dice spesso che la vita è una presa per il culo.
Non sono così drastico al riguardo, però è innegabile che talvolta si avvertono curiose sfasature, come quando ognuno rincorre qualcuno che rincorre qualcun altro, e tutti compiono le azioni giuste ma in ritardo o con le persone sbagliate.
Tutto ciò visto da fuori risulta comico, ma dall'interno viene vissuto con dolore tragico.
Un po' come il frenetico agire quotidiano del grande formicaio mondiale.